LE PROFESSIONI GREEN, LE PROFESSIONI DEL FUTURO

Dobbiamo ormai accettare l’idea che durante la nostra vita i cambiamenti climatici saranno in grado di alterare coste, città, intere economie, la nostra quotidianità.
Ecco come la tecnologia ci aiuterà a studiare e far fronte ai cambiamenti – non solo climatici – che ci aspettano.

Gradualmente torniamo alla normalità, dopo che il maltempo del mese scorso ha causato danni e disagi in tutt’Italia, a Roma, Matera e tante altre città. Per non parlare di Venezia, dove l’acqua alta ha reso difficile la quotidianità degli abitanti, di studenti e turisti, per quasi 3 settimane. L’acqua granda dello scorso 12 novembre, con i suoi 187 cm, è tra le maree più alte mai registrate, seconda solo ai 194 cm raggiunti nel 1966. Mai come adesso fenomeni di tale eccezionalità fanno parlare di sé, poiché oltre alla situazione drammatica a cui la popolazione si trova costretta a far fronte, muovono importanti riflessioni, da parte di studiosi così come da persone comuni, sul climate change e sulle contromisure che possiamo e dobbiamo adottare

Il picco di alta marea registrato a Venezia è un campanello d’allarme evidente ed innegabile che ha richiamato l’attenzione di tutto il mondo: dati alla mano, purtroppo, l’eccezionalità non sembra inaspettata e anzi lascia pensare che le cose, nei prossimi anni, andranno peggiorando.

Frequenza decennale delle maree molto sostenute ≥110 cm (Centro Previsioni e Segnalazioni Maree, Comune di Venezia).
Con 110 cm di marea, circa il 15% della città di Venezia, tra cui Piazza San Marco e il Ponte di Rialto, è invasa dall’acqua.
Con le maree eccezionali – che superano i 140 cm – circa il 54% del centro storico è allagato (come afferma SkyTG24).

Solo pochi giorni prima, a fine Ottobre, la rivista Nature Communications ha pubblicato uno studio (New elevation data triple estimates of global vulnerability to sea-level rise and coastal flooding di Scott Kulp e Benjamin H. Strauss, ricercatori dell’organizzazione scientifica no profit statunitense Climate Central) che prospetta cambiamenti radicali nella geografia del prossimo futuro. La ricerca ha utilizzato tecnologie d’avanguardia, come il machine learning, per acquisire dati più precisi ed accurati riguardo la reale altezza delle coste di tutto il mondo rispetto all’attuale superficie del mare. I risultati sono allarmanti: vedono Venezia come solo una tra le tante città e territori a rischio, in tutto il mondo, già entro i prossimi 50 anni.
Con i dati ricavati, Climate Central ha elaborato una mappa interattiva disponibile online in cui ognuno di noi può visualizzare i diversi scenari, dalle previsioni più fiduciose alle più pessimistiche.

L’innalzamento del livello del mare è solo una delle tante conseguenze del climate change.
Spinti dalla convinzione che non puoi gestire nulla se prima non lo misuri, la ONG Carbon Disclouse Project (CDP) ha raccolto nel 2018 dati relativi all’impatto ambientale di aziende e organizzazioni di 620 città in tutto il mondo. Il report Cities at risk ne analizza i risultati, secondo cui i maggiori rischi a cui andiamo incontro nel breve termine sono inondazioni, bombe d’acqua, giornate estremamente calde e siccità.

La dimensione dei cerchi rappresenta la dimensione della popolazione delle città, mentre il colore rappresenta l’indice di rischio collegato ai cambiamenti climatici.
Fonte: report Cities at risk di Carbon Disclouse Project.

Con previsioni preoccupanti come quelle descritte da CDP ed emergenze come i danni e i disagi vissuti nelle nostre città a causa del maltempo, sembra che parlare di lotta ai cambiamenti climatici significhi parlare di disastri, che ci porteranno solo sacrifici e austerità.
Ma non deve essere necessariamente così: forme di Green New Deal sono presenti in diverse Nazioni, dagli Stati Uniti all’UE, dal Canada all’Australia, e disegnano una nuova economia pulita e prospera (ne abbiamo ampiamente parlato qui).

Alcuni suoi sostenitori si spingono oltre: Naomi Klein è una scrittrice, giornalista e attivista canadese che ha recentemente pubblicato un libro sull’argomento, Il mondo in fiamme, in cui lavora di problem solving e offre una nuova e originale visione dei cambiamenti futuri, non recessivi ma sostenibili. Per far sì che il mutamento economico e sociale auspicato, capace di far fronte alla crisi ambientale, funzioni – e non in modo traumatico – Klein estende la definizione di green job a qualsiasi attività utile e che arricchisce la società, senza bruciare molti combustibili fossili.
Da questo punto di vista, le green technologies non sono solo il fotovoltaico, gli impianti eolici o la stampa 3D con materiali naturali e leganti ecosostenibili.
Vi sono molte altre attività a basse emissioni di carbonio che sono già parte della nostra quotidianità. Secondo Klein, incoraggiando i lavoratori a perseguire campi di occupazione a basse emissioni di carbonio e favorendo i relativi settori di business, tuteleremo l’ambiente ed allo stesso tempo rafforzeremo l’economia.

Materiali naturali, leganti ecosostenibili, riuso degli scarti di lavorazione: una tecnologia green che da forma ad oggetti ecocompatibili.

Le parole della giornalista canadese danno voce ad una tendenza che già si sta pian piano manifestando.
GreenItaly è un report, frutto delle ricerche di Fondazione Symbola, che da 10 anni traccia lo stato della green economy in Italia. Nell’edizione del 2019 si evidenzia come le professioni green nascano da una forte volontà personale di compiere un passo nella direzione della sostenibilità ambientale; l’attitudine al green diventa una delle soft skill più ricercate dalle imprese, ed unita all’introduzione di nuove tecnologie e nuovi materiali ecocompatibili ed ecosostenibili va a formare nuove figure professionali quali l’ingegnere energetico, il meccanico industriale green e il promotore edile di materiali sostenibili.

Con la speranza che le politiche per il clima prendano forma concreta presto, è importante essere consapevoli che ognuno di noi può già fare qualcosa, nella propria quotidianità come nel proprio business.

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